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22 Giugno 2025

Galadriel e la donna eterna

Il 22 giugno festeggiamo la nascita di H. Rider Haggard, autore di numerosi racconti di genere esotico-avventuroso e fantastico, ambientati per lo più nell’Africa del Sud: tutto il ciclo Le miniere di re Salomone (King Solomon’s mines, 1885) ed Eric Brighteyes (1891), molto popolari nella tarda epoca vittoriana. Un personaggio caratteristico di molti suoi libri è il cacciatore bianco Allan Quatermain, immortalato in seguito sul grande schermo dai molti film tratti dal romanzo Le miniere del Re Salomone. Haggard sercitò una notevole influenza su E. R. Burroughs - l’autore di Tarzan - e in generale sul filone dei «Mondi Perduti». P.J. Farmer ha usato i suoi personaggi e i suoi contesti nel Ciclo di Opar.

Pochi lettori, però, sanno che Haggard è anche padre di Lei – La donna eterna, un romanzo che ha sfornato uno dei personaggi più affascinanti, inquietanti e memorabili della letteratura avventurosa: Ayesha, anche detta She-Who-Must-Be-Obeyed. Già solo il soprannome mette in chiaro che non stiamo parlando di una che ti chiede le cose per favore.
Immortale, bellissima, potentissima. Ayesha non ha bisogno di armate o incantesimi per farsi temere: le basta guardarti. E tu, povero umano, ti senti improvvisamente come se ti avessero tolto tutti i vestiti dell’anima. Ma sotto il fascino, She è tutto tranne che tenera: comanda, controlla, conserva se stessa per l’eternità e tratta il resto del mondo come un fastidio secondario.

Il romanzo, scritto in una fine Ottocento inglese che rivitalizzava appassite vaghezze tardoromantiche con i sogni di futuro della nuova era imperiale, fu molto letto. Dopo, semidimenticato, ha continuato a vivere, per frammenti e semi sparsi, in tutte le storie avventurose, in qualunque modo raccontate (e soprattutto, è da dire, nel cinema).
Sicché, Lei, è come se tutti l'avessero letto, pur essendo pochi oggi quelli che l'hanno fatto veramente. È il luogo infatti di tutti i luoghi comuni dell'intreccio avventuroso, ma contemporaneamente ne crea alcuni nuovi che hanno dominato il secolo. Lo schema è quello classico del viaggio avventuroso in terre misteriose a caccia di un enigma consegnato alla decifrazione di un crittogramma millenario: ma al viaggio nello spazio si aggiunge un attraversamento del tempo, o meglio un'idea del tempo storico come dedalo, come scenario di un unico evento sovraumano che vi si svolge circolarmente, a coincidere fine e inizio. L'evento è un archetipo dell'amore e della vita, che eternamente si inseguono, per svanire entrambi non appena s'incontrano, e ricominciare di nuovo inseguimento e fuga non appena svaniti.
Ma soprattutto l'archetipo è Lei, la donna immortale: Sapere, Potere, Bellezza assoluti e pieni. E Lei, come l'amore di Platone che è solo una separazione che tende a riunirsi, c'è finché manca.

Il romanzo Lei, appena pubblicato nel 1887 esaurì in tre mesi venticinquemila copie: e Ayesha, la donna eterna, divenne uno dei piccoli miti della letteratura popolare. Un mito che, con accortezza dumasiana, vent'anni dopo Haggard rinverdì con la continuazione del romanzo: The return of She.

All’inizio del Novecento Ayesha era un personaggio talmente popolare che Carl Gustav Jung la cita spesso nelle sue opere e arriva a farne il prototipo dell’Anima, uno degli elementi strutturali dell’inconscio collettivo: «Per Rider Haggard il motivo significativo dell’Anima si dispiega nel modo più puro e ingenuo…».
Ayesha è una donna straordinariamente bella, così bella che tutti quelli che la vedono ricordano l’incontro per sempre. She governa un piccolo regno isolato, i cui confini a nessuno era permesso oltrepassare... Gli estranei sono ammessi solo se lei aveva accettato in anticipo di ammetterli, e anche allora devono fare parte del viaggio con gli occhi bendati. Bella e fatale, adorabile ma temibile, non è solo saggia ma anche
immortale…

Galadriel come Ayesha

Nel capitolo 13 di She ci viene detto di «un vaso simile a un’acquasantiera scolpita nella pietra… piena di acqua pura» (descritta in She and Allan [Capitolo 22] come «un treppiede di marmo su cui stava un bacino mezzo pieno d’acqua»). Ayesha usa questo “specchio” per mostrare agli eroi visioni di luoghi lontani e lo usa lei stessa per vedere cosa sta succedendo nel mondo esterno. Ayesha dice: «Quell’acqua è il mio specchio; in esso vedo cosa succede se mi interessa evocare le sue immagini, cosa che non avviene spesso. In esso posso mostrarti ciò che vuoi del passato, se c’è qualcosa che ha a che fare con questo Paese e con ciò che ho conosciuto, o qualsiasi cosa che tu osservatore, hai conosciuto. Pensa a un volto, se vuoi, e si rifletterà dalla tua mente sull’acqua. Non conosco ancora tutti i suoi segreti - non posso leggere nulla riguardo al futuro».
Nel capitolo 19 di Ayesha: The Return of She si trova questa questa scena: «Cominciò lentamente ad accarezzarsi i capelli abbondanti, poi il seno e il corpo. Ovunque passassero le sue dita, nasceva la luce mistica, finché… brillò dalla testa ai piedi come l’acqua del mare fosforescente, un essere glorioso, ma spaventoso da vedere. Poi agitò la mano e, a parte il dolce splendore sulla sua fronte, tornò come era stata».

galadriel specchio acqua

Tolkien apprezzava molto i romanzi di Haggard, in particolare She (1887), che aveva letto. È possibile si sia interessato agli altri tre titoli di questa serie popolare: Ayesha: The Return of She (1905), She and Allan (1921) e La figlia della saggezza (1923). Una volta disse espressamente: «Suppongo che da ragazzo She mi interessasse più di qualsiasi altra cosa».
Ora, leggere She fa venire in mente un parallelo con Galadriel. Sono tantissimi i punti di contatto: anche lei immortale, anche lei bellissima, saggia, regale. Anche lei governa un regno isolato, con uno scorrere diverso del tempo, anche lei usa uno specchio d’acqua per scrutare il mondo. E anche lei, se ti guarda troppo a lungo, ti fa sentire come se ti stessero leggendo dentro riga per riga.
Nel capitolo “Lo specchio di Galadriel” del Signore degli Anelli, la dama elfica lo dice espressamente a Frodo, quando le offre l’Unico Anello: «Tu mi daresti l’Anello spontaneamente! Al posto dell’Oscuro Signore vorresti mettere una Regina. E io non sarò oscura, bensì bella e terribile come la Mattina e la Notte! Stupenda come il Mare e il Sole e la Neve sulla Montagna! Tremenda come la Tempesta e il Fulmine! Più forte delle fondamenta della terra. Tutti mi amerebbero e si dispererebbero!».

Ma c’è una differenza chiave con She: Galadriel dice no. Quando le viene offerto il potere assoluto, lo rifiuta. Rinuncia alla tentazione di diventare la She della Terra di Mezzo. Ayesha, invece, il potere lo vuole. E lo prende. E lo tiene. Sono due archetipi che si specchiano. Galadriel è il “cosa sarebbe successo se”. È
Ayesha con freni etici. Una che poteva diventare una dea e ha scelto di restare elfa. Ma in fondo, il fascino di entrambe sta lì: nel contrasto tra il sublime e il terrificante.
Due regine eterne, lontane e magnetiche, che non hanno bisogno di muoversi. Basta che ci siano, e il mondo intorno cambia.
Quindi, quando rileggerete la scena in cui Galadriel brilla come una stella e poi torna a essere un’esile donna in bianco, ricordate: se Tolkien non avesse letto She, magari la storia sarebbe andata diversamente.
Magari l’Anello non sarebbe finito nel Monte Fato.
Magari ci sarebbe finito tutto il resto.

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Non perderti il nuovo volume dedicato a Galadriel, l’elfa suprema.

Roberto Arduini
Author: Roberto Arduini

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