Come tutti gli appassionati di Tolkien già sanno, il vizio segreto dell’autore de “Lo Hobbit”, “Il Signore degli Anelli” e “Il Silmarillion” era solo (si fa per dire) quello di inventare linguaggi.
Tale era l’amore di Tolkien per questa attività, non scordiamoci che era professore di filologia, che in una lettera scritta immediatamente dopo la pubblicazione del “Signore degli Anelli” ebbe a dire: «Alla base c’è l’invenzione dei linguaggi. Le “storie” furono create per fornire un mondo ai linguaggi e non il contrario. […] Per me, infatti, [il Signore degli anelli] è soprattutto un saggio di “estetica linguistica”, come a volte dico a chi mi chiede “di che cosa tratta?”» (Lettera n. 165). Benché questa affermazione fosse una vera e propria dichiarazione di precedenza della linguistica sulla narrativa, Tolkien si lamentava che poche persone lo prendessero sul serio: «Nessuno mi crede quando dico che il mio lungo libro è un tentativo di creare un mondo nel quale una forma di linguaggio che vada d’accordo con i miei principi estetici sembri reale. Ma è vero.» (Lettera n. 205).
È quindi comprensibile come il professore di Oxford abbia anche inventato numerosi linguaggi, dotati di lessico, grammatica e sintassi propri, tutti sapientemente da lui collegati in uno schema unico, che si evolve nel tempo e con reciproche connessioni, che ricorda molto da vicino le lingue del mondo reale. Le due lingue elfiche maggiormente conosciute sono il Quenya, la lingua degli elfi del perduto Ovest, e il Sindarin, la lingua degli Elfi della Terra di Mezzo.
Il Quenya in particolare, nella Terza Era non era più parlato quotidianamente dagli Elfi, ma è la lingua dotta e sapienziale, una sorta di “Latino elfico”. Fu Rúmil, un erudito Elfo Noldor di Tirion, a inventare il primo sistema di registrazione scritta, nel 1179 E.A.43. Nei testi tolkieniani viene chiamato “Alfabeto di Rúmil” o “Tengwar di Rúmil” (o, più specificamente, Sarati, dal Q. sarat, “segno, incisione”). Nel 1250 E.A. Feanor migliora questo sistema, inventando le lettere che diverranno poi universalmente note come tengwar. Rispetto al Sarati, il Tengwar perde il verso di scrittura verticale, mantenendo però la libertà di scorrere da sinistra a destra o viceversa, a seconda di quale mano impugni la penna. Feanor, tuttavia, aveva ideato la forma delle lettere ipotizzando di usare la destra, e quindi procedendo da sinistra a destra. In entrambe le scritture manca la differenziazione fra maiuscolo e minuscolo: come in tutte le scritture formali a mano storiche del mondo primario, si possono enfatizzare le iniziali e i capilettera usando glifi di grandi dimensioni, ornati o miniati.
A ben vedere, questo sistema non potrebbe nemmeno essere definito un alfabeto nel vero senso della parola. Tolkien stesso scrive infatti che: «Questo documento non era in origine un “alfabeto”: cioè una serie casuale di lettere, ciascuna con un proprio valore indipendente, recitate secondo un ordine tradizionale privo di nessi con la loro forma e funzione. Era propriamente un sistema di segni consonantici, di forme e stile simili, adattabili per scelta o convenienza per rappresentare le consonanti di lingue esaminate (o inventate) dagli Eldar. Nessuna lettera aveva di per sé un valore fisso; ma certi rapporti tra di esse gradualmente emersero» (Appendice E).
Fintanto che le due varianti del Quenya, Vanyarin e Noldorin, rimasero abbastanza simili, si continuò a usare il modo originale feanoriano, seppure con alcune varianti più adatte alle parlate dei due clan. Quando però i Vanyar abbandonarono Tirion per andare a vivere sulle pendici del Taniquetil, il divario fra i due dialetti iniziò ad approfondirsi. I Noldor idearono quindi un nuovo metodo di scrittura, chiamato Parmaquestarin, che tuttavia poteva ancora essere usato dai Vanyar.
Con l’avvento della Terza Era si impone nella Terra di Mezzo l’uso del Sôval Phâre. Anche questa lingua veniva scritta con le tengwar. In seguito alla decisione di Tolkien di rendere sempre, nel Signore degli Anelli, tale linguaggio con l’inglese, non si hanno esempi di testi scritti in modo Ovestron. Sono state avanzate le proposte79 che il modo fosse ómatehtar CV o VC. Era più che altro usato a Gondor e nel regno meridionale.
Il Quenya e il Sindarin non erano ovviamente stati dimenticati. Oltre agli Elfi ancora stanziati nella Terra di Mezzo (Elrond a Imladris, Galadriel e Celeborn a Lotlórien, e Thranduil in Boscoatro), le élites politiche e culturali umane conoscevano entrambi i linguaggi. Bilbo, ad esempio, sapeva parlare questi idiomi con padronanza, tanto da non sfigurare alla corte di Elrond, e Frodo dà sfoggio dell’uso del Quenya con la compagnia di Gildor Inglorion.
In questa Era, il Quenya aveva ormai fissato la sua forma, anche perché ormai lingua non più viva (viene definita da Tolkien “latino elfico”, come detto), per cui pure la modalità di scrittura non subì più alcuna variazione. Un esempio può essere Mára Nin Quete Quenya, che significa “Mi piace parlare Quenya”.
L'inesauribile fantasia di J.R.R. Tolkien non ha prodotto soltanto i numerosi linguaggi di Elfi, Nani, Uomini e Orchi, ma ha anche dotato ìqueste lingue di alfabeti propri. Forse molti conoscono già le rune, mentre i caratteri elfici veri e propri prendono il nome di tengwar. In questo libro, Roberto Fontana si addentra in profondità nell'alfabeto Tengwar e nei vari sistemi di scrittura elfici che, come nel mondo reale, seguono un percorso evolutivo nei millenni della storia dei Priminati e degli Uomini, con varietà etniche e regionali. Ai più appassionati amanti delle opere di Tolkien verrà anche proposto di accostarsi alle tecniche calligrafiche per una più completa resa artistica della scrittura Tengwar.
COME SCRIVEVANO GLI ELFI?
Cosa sono le Tengwar, e cosa i Cirth?
In che modo scrivevano gli Elfi e le altre creature del mondo di Tolkien?
Si può parlare di calligrafia elfica?
Chi è l’autore?
Roberto Fontana è ingegnere nucleare, professore di matematica e fisica in pensione ed è saggista e scrittore. Appassionato lettore di Tolkien, è noto sia in Italia che all’estero come autore e saggista di fantasy.
Calligrafo egli stesso, è esperto delle lingue e delle calligrafie della Terra di Mezzo. Il suo saggio Guida per viaggiatori nella Terra di Mezzo è una vera e propria guida turistica alle contrade di Arda, il mondo secondario del legendarium tolkieniano. Le sue ultime pubblicazioni sono state Canti e preghiere della Terra di Mezzo. Oltre che saggista, si è anche dedicato alla narrativa e ha pubblicato un’antologia di racconti fantastici.
Ma soprattutto, dopo 15 anni di studio e di esperienza nel campo della calligrafia Tengwar (quella inventata da Tolkien per i suoi Elfi, come scritto), ecco un volume su questa affascinante creazione della fantasia. Come scrivevano gli Elfi, manuale di calligrafia Tengwar.
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