Lo scrittore inglese JRR Tolkien è un universo. Leggere tutte le sue opere significa sprofondare in un mondo pieno di sfaccettature, particolari, curiosità, mitologie, saghe epiche, ma anche fiabe e leggende per così dire eterne…
E stavolta andiamo fuori della Terra di Mezzo per andare… a caccia di draghi!!!
Sovvertire il mito: *Il Cacciatore di Draghi* di Tolkien
La figura dell’eroe che affronta il drago è uno dei pilastri delle leggende occidentali, radicata in storie che spaziano da Beowulf a San Giorgio. Tuttavia, con Il Cacciatore di Draghi (Farmer Giles of Ham), J.R.R. Tolkien ribalta questo paradigma, creando una narrazione che si colloca a metà strada tra la parodia e l’omaggio. L’opera gioca con i tropi tradizionali, stravolgendo le aspettative del lettore e offrendo una riflessione ironica sulle convenzioni eroiche e mitologiche.
L’eroe riluttante: da cavaliere a contadino
Nelle storie tradizionali, il protagonista che affronta il drago è un cavaliere valoroso, simbolo di nobiltà, coraggio e altruismo. Giles, al contrario, è un contadino paffuto e abitudinario, spinto più dalla circostanza che dal desiderio di gloria. Quando un gigante invade i suoi campi, Giles lo scaccia con un colpo di archibugio, un’arma anacronistica che sottolinea fin da subito il tono parodico del racconto. L’impresa viene fraintesa dai suoi compaesani, che lo celebrano come un eroe. In realtà, la “schioppettata” che spaventa il gigante non è un atto eroico, ma un incidente interpretato erroneamente come un gesto di coraggio.
Questo ribaltamento dell’archetipo eroico è uno dei temi centrali dell’opera. Tolkien ridicolizza l’idea che il valore di un uomo si misuri in base alle sue gesta epiche, proponendo un protagonista che, pur non avendo qualità straordinarie, riesce a destreggiarsi grazie al buonsenso e a un pizzico di fortuna.
Chrysophylax: un drago fuori dagli schemi
Anche la figura del drago subisce un’importante trasformazione. Se pensiamo a creature come Fáfnir della Saga dei Völsunghi o Smaug dello Hobbit, vediamo un’immagine del drago come guardiano del tesoro, simbolo di avidità, potere e distruzione. Chrysophylax, il drago de Il Cacciatore di Draghi, conserva alcuni di questi tratti ma li combina con una caratterizzazione comica e codarda. Non è un nemico invincibile, ma una creatura pavida che preferisce negoziare piuttosto che combattere. Quando viene minacciato da Giles e dalla spada magica Mordicoda, Chrysophylax supplica per la sua vita, promettendo tesori che poi non intende consegnare. Questa astuzia, però, non lo rende un antagonista temibile, ma un personaggio comico che incarna una critica all’arroganza e all’avidità.
L’interazione tra Giles e Chrysophylax ribalta ulteriormente il mito: l’eroe non uccide il drago, ma lo doma, trasformandolo in una sorta di servitore. Questa dinamica sottolinea il tono ironico della narrazione, in cui la forza bruta e lo scontro diretto sono sostituiti da negoziazioni goffe e colpi di fortuna.
Le fonti mitologiche e il loro sovvertimento
Tolkien era profondamente influenzato dalla mitologia norrena e anglosassone, in particolare dal Beowulf, opera che analizzò nel suo celebre saggio Beowulf: The Monsters and the Critics. Nel Beowulf, il drago rappresenta il culmine dell’eroismo del protagonista, un avversario che richiede sacrificio e morte; nel poema anglosassone, infatti, «il drago, e la sua uccisione, sono il principale dovere del più grande degli eroi». Giles, al contrario, affronta Chrysophylax con riluttanza e senza alcuna intenzione di sacrificarsi per un ideale superiore.
Anche l’ambientazione e il tono si discostano radicalmente dalle fonti epiche. Mentre i racconti mitologici evocano un mondo austero e solenne, Il Cacciatore di Draghi si svolge in una Britannia pastorale e idilliaca, più vicina alla Contea de *Lo Hobbit* che alle terre desolate del *Beowulf*. Questo contrasto evidenzia l’approccio di Tolkien: prendere elementi della tradizione e trasformarli in una satira leggera, accessibile a lettori di tutte le età.
Un altro punto di riferimento è la leggenda di San Giorgio e il drago, in cui l’eroe uccide la creatura per salvare una fanciulla. In Il Cacciatore di Draghi, non c’è alcuna damigella in pericolo, e il drago non è sconfitto, ma addomesticato. L’assenza di un vero sacrificio eroico mette in discussione il valore stesso della lotta, spostando l’attenzione sui temi della quotidianità e della sopravvivenza.
Una critica sociale mascherata da fiaba
Oltre al sovvertimento degli stereotipi, l’opera è una sottile critica sociale. Il Re, descritto come avaro e inefficiente, è una parodia dell’autorità, più interessato al tesoro del drago che al bene del regno. I cavalieri, invece, sono vanesi e inetti, incapaci di affrontare Chrysophylax e pronti a fuggire alla prima difficoltà. In questo contesto, Giles emerge come l’antieroe per antonomasia, una figura che sfida le convenzioni non con nobiltà, ma per pragmatismo.
Questa critica si estende anche al drago stesso, che riflette i difetti umani come l’avidità e l’inganno. Chrysophylax non è solo un simbolo di pericolo, ma anche uno specchio delle debolezze dei personaggi che lo circondano, dai cavalieri al Re.
Il Cacciatore di Draghi è un’opera che, sotto una superficie leggera e comica, nasconde una profonda riflessione sui miti e sugli archetipi della letteratura fantastica. Tolkien sovverte le aspettative del lettore, trasformando una classica storia di eroi e draghi in una satira sul potere, sull’avidità e sull’umanità stessa. Attraverso personaggi imperfetti e situazioni paradossali, l’autore ci invita a guardare oltre le convenzioni, mostrando che anche un contadino riluttante può diventare un eroe, e che anche un drago può essere sconfitto senza spargimento di sangue.
In definitiva, l’opera non è solo una parodia delle storie di draghi, ma un omaggio alla capacità della fantasia di reinventarsi, mescolando tradizione e innovazione per raccontare una verità universale: l’eroismo non è solo una questione di forza, ma di intelligenza, astuzia e, talvolta, di fortuna.
Sai che c’è un racconto sui draghi molto simile a questo romanzo di Tolkien, in cui il protagonista sembra un po’ Don Chisciotte?
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