Cosa unisce una palude, un cavaliere svizzero e una palla di cannone?
Sembra quasi una barzelletta, invece è una leggenda e la risposta è: un drago!
Tutto si è svolto in Italia, più precisamente in quella terra felice bagnata dall’Adriatico chiamata Romagna. Tra le tante particolarità di questa regione c’è anche quella di avere la più alta concentrazione di draghi, o meglio di leggende su di loro. In ognuna di esse ci sono elementi comuni: una creatura mostruosa dalle paludi attacca i villaggi, i contadini e il bestiame; viene chiamato un santo; il religioso sconfigge il drago con la sua fede. La storia orale spesso propone la figura di un vescovo (o di un valoroso condottiero) nell’atto di liberare vittoriosamente il suo popolo dal pericolo del drago o del biscione. Si possono ricordare, tra i più eclatanti, il drago di Forlì (ammansito con un doppio colpo di stola da San Rufillo, vescovo di Forlimpopoli e da San Mercuriale, vescovo di Forlì), il drago di Imola (ammansito con incessanti preci e con la reliquia del velo di Maria da Basilio, vescovo di Imola), la sua variante del drago di Bubano (ucciso da un contadino che gli offre del pane benedetto) e il biscione di San Pancrazio (ucciso dal cavaliere Ghilardo).
A tutto questo, contribuiva anche il paesaggio del territorio, che, retaggio del Medioevo, conservava fino a tutto il Cinquecento foreste e luoghi acquitrinosi in cui l’uomo lottava contro una natura ostile. La liberazione dal drago altro non era che l’atto di bonifica di ampie zone paludose, ove l’acqua stagnante era fonte (non dissetante!) di continuo odore malsano, di ricorrenti epidemie di malaria e, infine, dimora di serpenti e altre creature anfibie che potevano essere pericolose. Alcune leggende hanno avuto origine ancora prima, attorno al IV e V secolo d.C., e in questo caso la liberazione dal mostro era anche l’invito alla conversione al cristianesimo dal paganesimo che ancora era largamente presente nella popolazione.
Visto che spesso le creature anfibie che infestavano le paludi – perlopiù serpenti, salamandre o tritoni – più che un drago, ricordavano il solito biscione, la tradizione popolare ricorda (specie nel ravennate) la “bisciabova” (o bisciaboa), una sorta di serpente dalle dimensioni fuori dal comune e terribilmente pericoloso. In particolare, si pensava che la bisciabova fosse «un serpente (besa), dotato d’una bocca talmente grande che non solo avrebbe potuto mordere e succhiare, ma anche ingoiare un bambino per intero!».
L’esistenza, o addirittura l’incontro di contadini e braccianti con e’ régul, e’ bisô (il biscione, appunto), capace anche di insidiare le bestie per tentare di sugger loro il latte è l’avvio tipico della leggenda sul drago. È proprio quel che accade nella leggenda del biscione di San Pancrazio: e’ bison dia Tor (il biscione della Torre) terrorizzava gli abitanti del paese. In un fosso tra rovi e canne in una zona paludosa, aveva la propria tana un biscione enorme e spaventoso, lungo venti braccia e coperto di scaglie, con una grande bocca e una cresta rossa sulla testa. Il drago mangiava i maialini al pascolo sotto le querce, gli agnelli di latte, i vitellini e per questo aveva portato il terrore tra gli abitanti di questa campagna. Era molto goloso di latte e arrivava fino all’ingordigia: fermava i carri per succhiare il latte dalle mucche e dalle cavalle. Il drago era così detto dal nome della strada, via Torre, su cui è situata una vecchia abitazione, Villa Roncuzzi. E qui gli sarebbe stata recisa la testa da Ghilardo, soldato datosi al brigantaggio e condannato a morte a Ravenna, cui fu estinta la pena e restituita la libertà, trovando infine proprio in fondo alla strada della Torre la propria futura sposa. In una parete esterna della villa è infissa una grande palla di pietra entro cui si dice ancora fosse racchiusa la testa recisa del drago stesso.
E per molti è ancora lì perché tutti continuino a ricordare la storia del biscione di San Pancrazio.
Decisamente la leggenda è intrigante, ma la realtà va da un’altra parte. Molti studiosi moderni pensano, infatti, che la leggenda sia mutuata da un’altra di origine svizzera. Il Ghilardo recuperato dalle prigioni potrebbe essere Heinrich von Winkelried, noto come Schrutan o Strut “il gigante”, distintosi nell’assedio di Faenza del 1240-41 e poi tornato in Svizzera per diventare l’eroe ammazzadraghi celebrato dallo storico Aegidius Tschudi nella Cronaca Svizzera. Secondo il racconto riportato da Tschudi, in una grotta vicino a Stans (oggi esiste ancora il Drachenloch – il lago del drago) viveva un drago che distruggeva il bestiame e causava molti danni agli abitanti di Wilen, al punto che il villaggio dovette essere abbandonato. Gli abitanti del cantone Unterwald fecero diverse spedizioni cercando di uccidere il drago con le balestre, ma invano. A questo punto Winkelried, che era stato bandito dal cantone per omicidio colposo, chiese se gli sarebbe stato permesso di tornare nel paese se avesse ucciso il drago. Winkelried attaccò il drago da solo, armato di una lancia, alla cui punta aveva attaccato degli aculei affilati. Il drago, vedendo che l’aggressore era solo, uscì dal suo nascondiglio e attaccò con le fauci aperte, e Winkelried riuscì a trafiggere il mostro con la sua lancia, colpendolo poi con la spada finché non morì. Felice per la sua vittoria, Winkelried sollevò la spada sopra la testa, ringraziando Dio, e il sangue del drago colò dalla lama della sua spada sul suo corpo, avvelenandolo così che morì pochi giorni dopo.
Concludo, con due chicche:
1) Anche gli appassionati di Tolkien hanno il loro drago e lo si può andare andare a trovare! Si tratta del drago Fyrstan, addormentato della Rocca di Dozza, sempre in Romagna, vicino Imola. È un drago derivato dalla leggenda di quello di Bubano e si sveglia solo due giorni ogni due anni, durante la manifestazione FantastikA, che proprio quest’anno si terrà a Dozza dal 21 al 22 settembre 2024. Nato grazie all’artista Ivan Cavini, con il sostegno dell’Associazione Italiana Studi Tolkieniani (AIST) e della Fondazione Dozza – Città d’Arte, la sua storia è avvincente ed è raccontata nel volume Middle Artbook e lo si può acquistare qui !!! Anch’io ho contribuito nel far nascere il drago (scoprirete come nel volume), dopo che un uovo era apparso nel sottotetto del castello e da cui nel 2016 è nato Fyrstan, appunto.
2) Tutte le leggende si basano su un briciolo di verità. Quindi, altro che salamandre e tritoni, forse i contadini e i braccianti di San Pancrazio non avevano esagerato parlando di un serpente gigante dalla bocca enorme, perché in effetti la “bisciabova” (o besabova) esiste veramente! Anche se alcuni dicono che sia “soltanto” un cervone gigante (una specie di serpente) un esemplare unico è stato effettivamente rinvenuto in Ungheria: uccisa e imbalsamata, è ora esposta in un museo appositamente costruito nel villaggio di Nagyrada, che sorge sulle sponde di vaste paludi, nei pressi del Lago Balaton, (vedi l’immagine qui accanto).
Manca poco, siamo arrivati quasi alla fine della carrellata.
Per seguire questo progetto, l’appuntamento è fra due settimane!
E se proprio non potete aspettare, andate a vedere i draghi illustrati da Emanuele Manfredi qui
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