Dopo aver presentato l’autrice del progetto I Draghi in Italia, che adatterà insieme a me le leggende al gusto di oggi, è giunto il momento più importante, presentarvi l’illustratore! E voglio farlo con una piccola intervista direttamente a lui, Emanuele Manfredi.
Ciao Emanuele, innanzitutto cosa fai nella vita?
«Quando uno sconosciuto mi chiede cosa faccio nella vita, di solito rispondo che conduco una vita divisa in due, come fosse un cervello: una parte razionale che mi permette di mangiare e una parte fantasiosa che mi permette di vivere.
Altre volte dico scherzosamente di essere una specie di supereroe, di giorno faccio il piccolo imprenditore nel mondo della metalmeccanica e di sera, e alle volte anche di notte, mi immergo nei miei mondi di fantasia con carta, matita e inchiostri».
C’è un’origine a tutto questo sbattimento?
«Da ragazzino sentivo il bisogno di comunicare delle storie, credo capiti a molti adolescenti, qualcuno impara a suonare, altri si scaricano nello sport, altri ancora scrivono ecc… io iniziai a disegnare.
Per parecchi anni è stato solo un tentare di migliorare lo stile, e avendolo fatto da autodidatta, è stato un percorso lungo, i miei maestri erano disegni che copiavo cercando di capire cosa era giusto e cosa era sbagliato, e cercando di capire e creare regole su come fare o non fare i tratti, le anatomie, gli indumenti, gli oggetti ecc…
Il mio sogno si concretizzò a 21 anni quando, alla prima fiera di fumetti a cui partecipai, ebbi la fortuna di incontrare un gruppo di ragazzi che aveva la mia stessa passione, e così per una decina d’anni disegnai fumetti».
Come sei passato dal fumetto all’illustrazione?
«Poi purtroppo la vita tenta sempre di ostacolare le nostre passioni e quindi per alcuni anni mi dovetti dedicare al lavoro e alla famiglia, ma se da un lato il destino ti ostacola dall’altro ti aiuta e quindi, incontrando per caso un vecchio lettore dei miei fumetti di gioventù, rientrai nel mondo delle fiere.
Questa volta non come venditore di fumetti ma come artista da performance: un’altra atmosfera, un altro spirito e tanta nuova energia. Da subito mi accorsi che come ero cambiato e cresciuto io così erano cambiati e cresciuti i miei disegni e quindi, sempre nella ricerca di affinare il mio “strumento di comunicazione”, modificai il mio approccio al fantasy.
Interessante! Ci puoi spiegare meglio questo approccio?
«All’inizio adoravo immergermi in mondi fantastici, come per sfuggire alla realtà e raccontare sogni su carta, ma con il tempo ho capito che c’era molto di più dietro il mio amore per il fantasy.
Mi resi conto che attraverso creature magiche, paesaggi surreali e avventure epiche, potevo veicolare messaggi profondi e simbolici che andavano ben oltre la superficie del mio disegno. Il fantasy, con la sua ricca simbologia, mi ha permesso di trasmettere emozioni e concetti che spesso sfuggono alle parole.
Quando creo le mie illustrazioni fantasy, non sto solo disegnando draghi e cavalieri, sto comunicando attraverso simboli, trasmettendo messaggi che toccano corde emotive e stimolano riflessioni profonde.
È come se il mio pennello diventasse una sorta di spago magico che va a legare la mia immagine con alcune persone».
Bellissimo! Disegnare draghi quindi è ora la tua dimensione naturale?
«Quello che fu il mio rifugio, il mio modo di esprimere sogni, si è trasformato, con una prospettiva più ampia e matura, diventando il mio veicolo per comunicare in modo simbolico, per condividere pensieri e idee che vanno ben oltre ciò che si vede sulla superficie del mio lavoro artistico. Da qui, nascono anche i draghi.
È davvero strano come ora io mi senta in sintonia con la mia passione».
Per noi, però, sei prontissimo a illustrare i draghi della Penisola. Da quale inizierai?
«Non ve lo dico! In realtà non lo so ancora… c’è un drago di pietra di una leggenda delle Alpi che ha colpito la mia curiosità… forse inizierò da quello!!!».
Appuntamento fra due settimane!
E se proprio non potete aspettare, andate a vedere i draghi illustrati da Emanuele qui
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