Il drago dei ghiacci della Valle d’Aosta

lombardiaPassano i giorni e il lavoro sul nuovo progetto procede spedito. Non potevo immaginare che i draghi in Italia fossero così tanti! E altrettanto numerose sono le leggende che ne parlano. Raccoglierle tutte è stata una faticaccia!!!
Dopo aver presentato il progetto su un libro che raccolga le leggende sui draghi in Italia, aver presentato i due attori principali, il mitico Emanuele Manfredi ai pennelli e l’espertissima Andrea Wise alla tastiera, è ora di entrare un po’ nell’argomento.

Già avevo scritto di due caratteristiche dei draghi – il sangue e lo sguardo – e di come anche Tolkien avesse usato al meglio questi due elementi per raccontare i draghi della Terra di Mezzo. Non ho potuto far a meno di notare le similitudine dei draghi tolkieniani con quelli presenti in Italia. Il sangue di Glaurung ha infatti le stesse proprietà letali di quello del drago di Perloz in Valle d’Aosta, che uccise l’eroe Vignal, e di quello del drago di Castel San Gottardo in Trentino, che uccise il conte Firmian. Allo stesso modo, lo sguardo con cui sempre Glaurung paralizzò l’eroe Tùrin durante il saccheggio di Nargothrond, è simile a specie di draghi diffusi lungo tutta la penisola come il basilisco o altri animali fantastici molto localizzati come lo scultone in Sardegna e il cifero serpente di Santa Fiora, in Toscana.

Ma una leggenda sui draghi può avere origine anche dal cambiamento climatico!
È il caso del drago dei ghiacci della Valle d’Aosta. Il fenomeno sullo sfondo del racconto è l’avanzata dei ghiacciai delle Alpi tra 1300 e 1800 (la “Piccola Età Glaciale”) che è stato seguito da un rapidissimo riscaldamento.
Prima della teoria delle glaciazioni di fine Ottocento, la gente riteneva che la terra fosse sempre stata come la si poteva osservare: stesso clima, stesse piante e stessi animali fin dai giorni della Creazione. Anche i ghiacciai dovevano, ovviamente, essere sempre stati nello stesso posto e avere le stesse dimensioni. Il fatto che a memoria d’uomo il fronte del ghiacciaio si fosse spostato non poteva essere attribuito a cause naturali, perché non c’erano ragioni per cui la natura dei luoghi potesse cambiare!

WillinkL’unica spiegazione possibile era quella che richiedeva una volontà, una capacità d’azione e quindi una personalità nel “drago” dei ghiacci che avanzava e si mangiava pascoli e insediamenti d’alta quota.
Il racconto è quindi ambientato in un’epoca in cui i massi erratici sono stati lanciati dai giganti che vivono nelle montagne verso la valle sottostante e le piene dei fiumi sono causate da un drago che ha il potere di comandare e regolare il flusso delle acque.
Ovviamente molti di questi racconti popolari esistono in varie versioni, spesso cristianizzate sostituendo i nomi dei protagonisti originali con santi o demoni.
L’incisione che mostra il drago dei ghiacci è di H. G. Willink ed è stata fatta nel 1892. Willink era un alpinista molto attivo, è stato anche vice presidente del Club Alpino tra il 1899 e il 1901. Scalava le montagne svizzere da giovane e usò i ricordi di quelle esperienze per illustrare alcuni tra i più bei libri di alpinismo pubblicati in Europa ai suoi tempi.

 

Perseguire questo progetto, l’appuntamento è fra due settimane!

E se proprio non potete aspettare, andate a vedere i draghi illustrati da Emanuele qui

1 Comments

Comments are closed.